Parla Gerald Bruneau: "Con boa e tanga, Bronzi strappati a ergastolo museale"

bruneaugeralddi Claudio Cordova - "E' stato un gioco". Un gioco irriverente e dissacrante. Lo ripete spesso, Gerald Bruneau. E' tarda notte e con la sua r moscia e l'italiano francesizzante spiega il proprio punto di vista. Da giorni è l'uomo del momento: i suoi scatti, che hanno ritratto i Bronzi di Riace con velo, boa e perizoma, sono partiti dal sito Dagospia e hanno letteralmente fatto il giro del mondo. Qualcuno li ha apprezzati, molti altri si sono infuriati, considerando quegli accessori sul corpo dei Guerrieri come un oltraggio all'immagine dei due tesori e, per transazione, anche per l'intera città di Reggio Calabria, che li custodisce. Invitato dalla Regione Calabria per promuovere l'immagine dei Bronzi di Riace, per il fotografo francese "la missione è totalmente compiuta". Bruneau non è nuovo a simili "imprese". In passato aveva avvolto in un tulle rosso fiammante la Paolina Borghese in vetrina nella Galleria Borghese a Roma. Parla in maniera fluida, fornisce la propria chiave di lettura e chiarisce anche il ruolo della Sovrintendenza ai Beni Culturali che, con la responsabile Simonetta Bonomi, è finita nella bufera dopo la divulgazione delle immagini: "La Sovrintendenza era a conoscenza della performance" dice Bruneau.

Da allievo di Andy Wharol, Bruneau si plasma con la creatività della Pop Art e diviene uno dei fotografi più profondi e visionari dell'era moderna. Assorbito dalla Factory di Wharol, sicuramente non può immaginare che, molti anni dopo, sarebbe diventato protagonista a migliaia di chilometri da New York, nella lontana (sotto ogni punto di vista) Calabria. Ma, si sa, la vita di ognuno di noi è strana, figuriamoci quella di un personaggio come Gerald Bruneau...

Come nasce l'idea di "addobbare" in quel modo i Bronzi di Riace?

Per me è stato un gioco, mi sono divertito. Questo tipo di performance è cominciato già con la Paolina Borghese, con questi Bronzi volevo misurarmi, fare una performance su di loro. Con le cose classiche mi annoio, volevo intervenire a modo mio sulle due statue".

Qualcuno ha parlato di un "blitz" di cui sarebbero stati un po' tutti all'oscuro.

La Sovrintendenza era informata dell'azione. La sera prima ne avevo parlato a cena. Le era piaciuto il lavoro di provocazione estetica sulla Paolina Borghese.

Insomma, il placet c'era.

L'indomani mattina, dopo averci pensato di notte, sono andato in giro per negozi per comprare un velo bianco e dopo ho visto che c'era anche un boa rosa e poi in un altro negozio ho visto un tanga. Ho comprato tutte queste cose per la composizione che avevo in mente.

Non ha temuto di poter in qualche modo danneggiare le due statue?

Gli indumenti che ho comprato hanno subito un processo di decompressione per eliminare le sostanze nocive e io ho fatto tutto con la massima delicatezza. Non è che li ho presi a martellate...

Martellata o perizoma, l'effetto è stato comunque di grande impatto...

I Bronzi sono molto belli, rappresentano un'idea di bellezza classica e sono anche loro una icona gay. Io sono molto attento ai diritti civili e per la causa dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. E' venuta così l'idea di trasformarli in spose moderne.

E così ha messo in atto quello che poi tutti hanno visto.

Ho unito l'antichità delle statue con la modernità degli accessori. Un gioco... Viviamo in un'epoca un po' kitsch, quindi l'idea era di farli ritrovare nella nostra civiltà che non è proprio l'ideale, però ridargli vita, farli uscire dal loro ergastolo museale e farli entrare in questo secolo.

Cosa risponde a chi parla di azione volgare o di oltraggio alle statue e a Reggio Calabria?

Non ho neanche pensato all'idea di offendere i Bronzi o tantomeno la città. Non ne avrei avuto motivo. E' tutto un po' dissacrante e poi il gusto è una cosa relativa. Ho usato quello che ho trovato e che pensavo rappresentasse meglio la mia idea.

Non mi dica che non si aspettava le polemiche...

Le polemiche mi hanno un po' sorpreso. Trovo che anche questo sia un modo di comunicare e quindi ho voluto testare i social network e ho visto che c'è stata una risposta straordinaria, ha creato un movimento di comunicazione interessante perché la notizia gira il mondo e ormai è virale. Siamo in una società liquida.

L'arte può permettersi tutto?

Potrebbe anche non piacere a me, potrei provare ribrezzo, trovare l'azione di cattivo gusto. Ma questo non è di interesse. Sono andato oltre il kitsch e oltre i Bronzi. Ho fatto un'altra cosa: ho reinterpretato a modo mio.

Insomma, colpa di chi non apprezza...

Lo hanno apprezzato soprattutto i giovani, gli accademici no, i conservatori no. Secondo certa gente è una porcata. A quelli a cui è sfuggito, perché magari pensano che ho voluto sputtanare i Bronzi o mancare di rispetto ai reggini. Io invece nutro profondo rispetto per i calabresi e i reggini.

Pensa quindi che la sua azione possa portare benefici ai Bronzi di Riace?

Questa è una cosa irripetibile, resterà nella storia dei Bronzi. Io penso che tutto questo susciterà interesse per i Bronzi, la gente verrà a vedere i Bronzi. Anche perché la loro campagna di promozione non aveva funzionato poi così bene. Direi che la mia funziona un po' meglio. Volevano che rilanciassi l'immagine dei Bronzi. Dal mio punto di vista missione totalmente compiuta.

Con buona pace delle polemiche.

Il mio è stato un gioco, che poi si è trasformato in un altro gioco. E questo non dipende più da me.

Eppure, ciclicamente, qualcuno vorrebbe portare via i Bronzi da Reggio Calabria. Lei cosa ne pensa?

I Bronzi dovrebbero essere visti da più gente possibile, perché sono dei capolavori assoluti. Che vengano visti a Reggio Calabria penso sia giusto. Sulle altre idee di spostamenti, sono problemi loro. Io spero che vengano tutti a vederli a Reggio Calabria. Le capacità di valorizzazione a Reggio Calabria non so quali siano, leggo informazioni sui network, ma non so se siano vere. Non so se il Museo di Piacenza abbia più visitatori di quello di Reggio...

Insomma, resta qualcosa anche nel suo bagaglio artistico e professionale.

Io penso di sì, anche perché ho in progetto di continuare a fare queste performance su questo percorso di provocazione per essere ogni tanto irriverente. Faccio questo lavoro perché mi diverte...