[FOTOGALLERY] Mimmo Lucano e il suo ritorno a Riace. L’orgoglio e l’amarezza: “Io sono di sinistra, faccio parte di un partito immaginario!”

riacedi Mariateresa Ripolo - Il borgo di Riace appare quasi deserto a un primo sguardo. È una calda domenica mattina, il bar, il tabacchino, il barbiere, tutto a pochi passi. I murales colorati raffiguranti volti e scene di vita quotidiana, una barchetta in legno nel centro dell'ex città simbolo dell'accoglienza, una bimba di colore che gioca vicino allo striscione con la scritta "Bentornato Mimmo" seguita dall'hashtag «#LucanoèRiace», il barista che guardando l'orologio – sono quasi le dieci – solleva un dubbio: «Ma forse lui oggi non c'è, ieri non era in paese...»

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A tre giorni dalla revoca del divieto di dimora – una restrizione che lo ha costretto lontano dalla sua amata Riace e dai suoi affetti più cari, tra cui il padre gravemente malato – Mimmo Lucano appare tranquillo e a proprio agio, alla conferenza che ha convocato e alla quale arriva puntualissimo, davanti alla calca di giornalisti che impazienti lo mettono subito all'angolo per strappargli una prima dichiarazione.

«Nessuna cosa è cosa nostra! Ma riguarda sempre un po' tutti!», dice prima di iniziare una lunga conferenza stampa che durerà più di due ore, uno sfogo in piena regola durante il quale l'ex sindaco tornato dopo mesi di esilio dalla vicina Caulonia, cercherà di spiegare la sua posizione in merito alle accuse mosse dalla Procura di Locri nell'ambito del processo "Xenia", perché spiega: «Tutti possiamo dire di essere innocenti, ma non mi basta. Dico solo che la partita è ancora aperta. Voglio che si faccia piena luce e che non ci siano dubbi, anche per la mia famiglia. Mio figlio Roberto mi ha chiamato e mi ha chiesto se è vero che ho fatto quelle cose. A volte viene il dubbio anche a me!» – scherza Lucano, provocando l'ilarità dei presenti, e lo fa con quel pizzico di amarezza tipico di chi, con rassegnazione, si trova davanti alla ferma convinzione di aver subito un'enorme ingiustizia: «Quello che è accaduto in questi mesi è stato sconvolgente».

È un fiume in piena Lucano, per lui la possibilità di parlare davanti alla stampa è una vera e propria liberazione, un modo per scollarsi di dosso quelle accuse "infamanti" che gli sono arrivate all'improvviso e che non gli hanno lasciato possibilità di replica: «Oggi per me è un'occasione importantissima, forse più del tribunale di Locri, poter spiegare alla stampa, alla gente della Calabria e a tutti...», «Ma alla fine in cosa consiste questo modello Riace?», minimizza parlando del modello di integrazione che ha conquistato il mondo e che lo ha messo al centro di un vortice politico e mediatico senza precedenti: «Quattro case occupate dai migranti, un bonus per queste persone per potersi comprare qualcosa».

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Il racconto della sua verità viene più volte interrotto dal suono delle campane della chiesetta vicina che rimbombano più volte e che gli fanno perdere il filo del discorso, «per me oggi è un miracolo», sussurra. Il suono delle campane, il suo ritorno a Riace, la situazione politica italiana che si è ribaltata in un paio di settimane lo fanno gridare al miracolo; quasi che si dovesse sperare in un intervento divino per far tornare tutto al proprio posto: «Sia io che Salvini a casa, avete visto?», l'ex ministro degli Interni viene spesso tirato in ballo, colpevole a suo dire di aver seminato «odio e rancore». Poi sul caso del bambino di colore preso a calci a Cosenza dice: «È il fallimento della società dei consumi. I valori umani sono crollati e hanno lasciato spazio all'odio e alla deriva dell'umanità».

Ma Lucano non risparmia proprio nessuno e dopo l'affondo alla Lega, passa al Pd che a suo dire con l'ex ministro Minniti «era convinto che per intercettare il consenso elettorale si dovesse passare sulla pelle dei migranti», «Io non faccio parte del Pd, sono di sinistra, faccio parte di un partito immaginario!»

E a quanti gli chiedono se abbia intenzione di candidarsi per ruoli più importanti: «Non penso alle regionali. Non voglio avere ruoli!», risponde prontamente. Lucano appare scottato, forse si è sentito tradito da un sistema che inevitabilmente ha finito per inghiottirlo, ma come sindaco di Riace si è sentito amato, dalla sua gente che lo ha accolto a braccia aperte in un modo che non si sarebbe mai aspettato, forse è per questo che sulla possibilità di ricandidarsi come sindaco di Riace non mette nessun veto, anzi lascia un barlume di speranza: «Non lo so, non so cosa dire su questo...», dice sorridendo.