Casa di cura a Chiaravalle, parla il titolare: "Una carneficina, siamo stati lasciati soli"

CHIARAVALLE RSA"Una carneficina, una tragedia, i responsabili e chi ci ha lasciati soli dovranno pagare, nessuno ci ha ascoltati, nessuno ha risposto alle nostre richieste di aiuto, i pazienti per giorni non hanno ricevuto cure, chi ci governa, a tutti i livelli, ha solo fatto proclami stando seduto su confortevoli poltrone". A dirlo all'AdnKronos è Domenico De Santis, Amministratore unico della casa di cura "Domus Aurea" di Chiaravalle Centrale, provincia di Catanzaro, Rsa dove si sono registrati circa 70 contagiati, fra ospiti e dipendenti, e 17 morti. Una "carneficina" sulla quale sta indagando anche la procura di Catanzaro, mentre i contagiati, nel frattempo, sono stati ricoverati in parte all'ospedale "Pugliese-Ciaccio" di Catanzaro e in parte al Policlinico universitario nello stesso capoluogo calabrese. Ma solo dopo giorni drammatici che l'Amministratore unico racconta all'AdnKronos. "Era il 22 marzo, pomeriggio - afferma -, quando una nostra dipendente ci ha comunicato che da lei si erano presentati i carabinieri per suggerirle una quarantena domiciliare perché aveva partecipato ad un pranzo in un locale dove era stata riscontrata la presenza del titolare positivo al coronavirus. Ci siamo subito attrezzati. Con il direttore sanitario e il geriatra della struttura sono stati visitati in maniera molto approfondita circa 7 o 8 ospiti febbricitanti, e giorno 23 marzo abbiamo fatto richiesta all'Asp, dipartimento prevenzione Covid-19, per effettuare i tamponi, che non ci sono stati concessi perché, ci hanno spiegato, non c'erano ancora casi acclarati". E "così - prosegue De Santis -, giorno 24 marzo, per la paziente che presentava sintomi febbrili più elevati e una saturazione che oscillava intorno ai 90, è stato chiamato il 118 ed è stato richiesto il ricovero ospedaliero. La signora è risultata positiva al Covid-19. Giorno 26 o 27 marzo, non ricordo bene perché, mi creda, sono stati giorni terribili, i tamponi sono stati effettuati su tutti, riscontrando 12 o 13 positivi fra gli operatori e 49 fra i degenti. Sedici erano negativi.

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E mentre la situazione, ora dopo ora, precipitava, gli operatori sanitari lavoravano "senza i dispositivi di sicurezza Covid - continua De Santis con l'Adnkronos -, avevamo fatto richiesta, ma sono arrivati solo alla fine, quando non avevamo più dipendenti, quando non c'era più nessuno che potesse indossarli. Fra l'altro, non appena è scattato l'allarme Covid, ci hanno posto in quarantena, con il divieto assoluto di uscire dalla struttura per tutti quelli che eravamo presenti qui dentro. Eravamo quindi impossibilitati a procurarci qualunque cosa, e l'unica cosa che potevamo fare era chiedere soccorso a chi poteva darcelo". Finché giorno 2 aprile, evidenzia, "quando erano rimasti solo 3 o 4 dipendenti, con turni di circa 20 ore, dei veri eroi, e di fatto non avevo più personale ma solo pazienti, mi sono autodenunciato: fate quello che potete. Sono intervenuti anche i sindaci dei paesi del territorio, che avevano degli ospiti loro concittadini presso la struttura, hanno fatto un sit-in per fare in modo che la struttura venisse svuotata, e così è avvenuto. I pazienti sono stati portati in parte al "Pugliese-Ciaccio" di Catanzaro e in parte al Policlinico Universitario di Germaneto, sempre a Catanzaro"